Santi del 29 Giugno
*Beato Ansano Vannucci - Missionario, Domenicano (29 giugno)
† 28 o 29 giugno 1406
Il Beato Ansano Vannucci è un missionario domenicano del vissuto nel XIV secolo.
Di lui non sappiamo nulla. Alcuni testi riportano che "Fattosi missionario, si diresse verso la Palestina certo d’incontrarvi il martirio".
Ma le uniche notizie tramandate su di lui non lo qualificano come martire. Infatti, dopo essersi il fallimento del viaggio verso la Palestina, s’imbarcò per ritornare in Italia, ma una tempesta respinse l’imbarcazione su cui si trovava e la spinsero verso Suez.
Qui dai barbari il beato Ansano venne imprigionato, e successivamente denudato e rimesso in libertà.
Ripresa la via del mare approdò a Candia, dove per malattia a contratta in Terra santa morì. Non vi è nemmeno una data certa della sua morte.
Secondo Girolamo Gigli nel suo testo "Diario senese" morì il 28 giugno, mentre secondo Umberto Meattini nel volume Santi Senesi, il 29 giugno 1406.
Sembra certo l’anno della sua morte: "Nel 1406 passò al cielo in questo giorno, in odore di santissime virtù, frate Ansano Vannucci, domenicano senese che il padre Isidoro Ugurgieri Azzolini dell’ordine dei Predicatori, chiama con il titolo di Beato."
Non esiste alcuna festa in onore di questo beato.
In alcuni menologi era fissata la sua festa nella giornata della sua morte il 29 giugno.
(Autore: Mauro Bonato – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Ansano Vannucci, pregate per noi.
*San Cassio di Narni - Vescovo (29 Giugno)
m. 558
Martirologio Romano: A Narni in Umbria, San Cassio, vescovo, che, come riferisce il Papa San Gregorio Magno, ogni giorno offriva a Dio il sacrificio di riconciliazione effondendosi in lacrime e tutto quel che aveva dava in elemosina; infine, nel giorno in cui si celebra la solennità degli Apostoli, per la quale tutti gli anni era solito recarsi a Roma, dopo aver celebrato la Messa nella sua città e distribuito a tutti il corpo di Cristo, fece ritorno al Signore.
Le notizie più importanti e più sicure intorno a Cassio sono attinte dai Dialogi di San Gregorio Magno (III, 6; IV, 58) e dalla Homilia in Evang. (II, 37) dello stesso.
Assai importante come fonte è, inoltre, l'epitafio di Cassio (CIL, X, 2, n. 4164), che è tuttora visibile sulla parete esterna della cappella di San Cassio nel duomo di Narni: nell'epigrafe è Cassio stesso che parla indicando che, davanti al sepolcro dove egli riposa, giace anche Fausta, consorte dilettissima della sua vita, e chiedendo per sé e per lei la preghiera dei visitatori.
Per ascendere agli ordini sacri si era separato dalla moglie, ma i due sposi si erano uniti di nuovo nella morte. Sull'orlo inferiore della lastra c'è un alfabeto scolpito contemporaneamente all'epitafio.
Dall'epigrafe apprendiamo che Cassio fu consacrato il 9 ottobre 536 e san Gregorio, lodandolo, dice che visse ai tempi di Totila. Cassio illustrò la sede episcopale di Narni nel tempo delle guerre gotiche e fu uno dei vescovi che, in quel triste periodo di sciagure per l'Italia, attuò con zelo e prudenza le direttive della Chiesa nel ministero pastorale.
San Gregorio racconta che nel territorio di Narni un portaspada di Totila, posseduto dal demonio, fu liberato per le preghiere di Cassio.
Per la festa di san Pietro (29 giugno) il santo vescovo soleva recarsi a Roma, ma, avuta la rivelazione che sarebbe morto in quella occasione, desistette dal viaggio; tuttavia, la morte lo colse proprio in quel giorno. San Gregorio narrò al popolo raccolto nella chiesa di San Sebastiano sulla via Appia, come la profezia si fosse avverata dopo qualche anno.
L'iscrizione tombale dice che morì il 30 giugno 558. Nelle tragiche circostanze del sacco di Narni fu fatta la traslazione delle reliquie di Cassio e di Giovenale, anch'egli vescovo di Narni, da quella città a Lucca: intorno all'anno del sacco e della conseguente traslazione sono state emesse molte ipotesi (Anal. Boll., XLVIII [1930], p. 409).
Contiene la narrazione di questa traslazione un documento forse del sec. IX o X (in MGH, Scriptores, XXX, pp. 976-83).
Cassio è ricordato nel Martirologio Romano al 29 giugno; il suo elogio è stato ripreso dai Dialogi e dall'omelia di San Gregorio Magno.
(Autore: Filippo Caraffa - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Cassio di Narni, pregate per noi.
*Santa Emma di Gurk - Contessa (29 Giugno)
Morta a Gurk, Carinzia (Austria), prima del 1070
Nel giorno dei Santi Pietro e Paolo la Chiesa ricorda anche una benefattrice austriaca, Emma. Nata a Gurk, in Carinzia, nel 980, perse marito e figlio.
Con il patrimonio di famiglia beneficò i poveri e fondò monasteri benedettini: uno nella città natale e uno ad Admont, in Stiria.
Morì 65enne nel 1045.
La sua causa di canonizzazione durò quasi cinque secoli, dal 1466 al 1938, quando Pio XI la proclamò Santa. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Gurk in Carinzia, Santa Emma, che, contessa, visse per quarant’anni vedova e distribuì generosamente molti averi ai poveri e alla Chiesa.
Santa, sì, ma piuttosto latitante. Emma di Gurk è un personaggio da inseguire attraverso la storia come un ricercato, contando sulle poche tracce sicure e schivando le volonterose invenzioni successive.
Dunque: anno di nascita e luogo sconosciuti.
Noi incontriamo Emma quando è già moglie del conte di Sann, appartenente alla più ricca nobiltà del ducato di Carantania, che comprende le attuali regioni austriache di Carinzia e Stiria, e la Carnìola (in Slovenia).
Di questo marito, sappiamo che muore nel 1016.
Dei figli, ne conosciamo uno solo: Guglielmo, ucciso nel 1036.
Alla sua morte, Emma rimane sola, con l’imponente patrimonio di una famiglia che non c’è più.
Allora se ne serve per il soccorso ai poveri e per fondare i monasteri di Gurk, femminile, e più tardi quello maschile di Admont.
Lei si ritira a vivere come monaca a Gurk, secondo un’attestazione che risale al 1200.
Ma non sappiamo se ne diventa badessa – come altre fondatrici – o se rimane semplice religiosa: entra in una sorta di clandestinità che non possiamo certo perlustrare con la fantasia.
Ma c’è chi invece alla fantasia e ai sentito dire ricorre volentieri, per compilare testi devoti, ricchi di buone intenzioni ma sprovvisti di prove: così fa ad esempio un certo canonico Arnoldo (inizio del XIII secolo), secondo il quale Emma sarebbe morta nel 1045.
In realtà si può dire solamente che è morta prima dell’anno 1070, giacché è ben certo che in quell’anno è stata sepolta nella chiesa di Gurk, da poco costruita.
Oltre cento anni dopo (1174), sempre in questa chiesa, si trasferisce il corpo in una tomba per esso ricavata nella profondità della cripta, in mezzo a una selva imponente di colonne romaniche.
È noto che in quest’epoca l’iniziativa dei fedeli anticipa spesso quella del clero nel promuovere e divulgare la “fama di santità” di persone morte da poco, e nell’invocare la loro protezione.
Così può essere accaduto per Emma, in modo tale da spingere vescovi e monasteri a prendere iniziative ufficiali.
Infatti il 12 novembre 1287, a più di due secoli dalla morte, Emma viene ufficialmente beatificata dalla Chiesa.
E la tradizione perdura nel tempo, sicché nel 1464 si avvia un regolare processo per la canonizzazione di Emma, destinato però a restare inconcluso per secoli.
Intanto a Gurk, la si venera anche con l’arte.
Nel XVIII secolo, lo scultore italiano Antonio Corradini, di Este, che lavora molto anche a Vienna e a Venezia, adorna la tomba di lei con una grande decorazione marmorea, che raffigura il momento della sua morte.
Infine, nel 1938, al tempo di Pio XI, il processo canonico viene chiuso con l’approvazione del culto già tributato a Emma, come santa, fin dal tempo ormai remoto della sua morte, specialmente in Carinzia e in Slovenia.
(Autore: Domenico Agasso - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Emma di Gurk, pregate per noi.
*Sante Maria Du Tianshi e Maddalena Du Fengju - Martiri Cinesi (29 Giugno)
Dujiadun, Hebei, Cina, 29 giugno 1900
Nella solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa ricorda anche alcuni martiri di diciannove secoli dopo, che fanno parte dei 120 cinesi canonizzati da Giovanni Paolo II il 1 ottobre del 2000. Si tratta di due gruppi di laici.
Da un lato Paolo Wu Yan insieme al figlio Giovanni Battista Wu Mantang, di diciassette anni, e al nipote Paolo Wu Wanshu di sedici.
Dall'altro Maria Du Tianshi e sua figlia Maddalena Du Fengju. Caddero, in odio alla fede, in due diverse località della regione dell'Hebei nel mese di luglio del 1900.
Era in corso nel Celeste Impero la cosidetta rivolta dei «Boxers», che iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell'Hunan, raggiunse anche il vicariato apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti. I cristiani uccisi in quei frangenti si contarono a migliaia. (Avvenire)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Nel territorio di Dujiadun sempre presso Shenxian, Sante martiri Maria Du Tianshi e Maddalena Du Fengju, sua figlia, che nella medesima persecuzione, snidate da un canneto in cui si erano nascoste, morirono per la loro fede in Cristo, la seconda gettata ancora viva nel sepolcro.
Per molti secoli sino ad oggi i cristiani cinesi sono stati vittime di violente persecuzioni che raggiunsero l’apice nell’anno 1900 con l’infuriare della cosiddetta “rivolta dei Boxers”.
Dalla metà del mese di giugno essa raggiunse anche lo Shenxian, vicariato apostolico cinese affidato alla cura pastorale dei Gesuiti.
Il 29 giugno i soldati raggiunsero il villaggio di Dujiadun, presso Shenxian, nella provincia cinese dello Hebei, e qui uccisero due donne che non esitarono a professare la loro fede cristiana: la laica sposata Maria Du Tianshi (51 anni) e sua figlia Maddalena Du Fengju (19 anni).
Erano entrambe native di Shenxian ed insieme andarono incontro al martirio, quando furono scovate in un campo ove si erano rifugiate.
Pare che una delle due venne seppellita ancora agonizzante.
In quel periodo le vittime si contarono a migliaia ed i Gesuiti ritennero opportuno non disperdere la memoria di questi intrepidi testimoni della fede.
Raccolsero allora il materiale reperibile ed il 28 maggio 1948 fu introdotta dunque la causa di canonizzazione del gruppo denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni”, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000, unitamente ad un gruppo complessivo di 120 martiri cinesi di varie epoche.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Maria Du Tianshi e Maddalena Du Fengju, pregate per noi.
*San Paolo - Apostolo (29 Giugno)
Paolo, cooptato nel collegio apostolico dal Cristo stesso sulla via di Damasco, strumento eletto per portare il suo nome davanti ai popoli, è il più grande missionario di tutti tempi, l'avvocato dei pagani, l'apostolo delle genti, colui che insieme a Pietro far risuonare il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo.
Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro. (Mess. Rom.)
Patronato: Vescovi, Missionari, Rover e Scolte
Etimologia: Paolo = piccolo di statura, dal latino
Emblema: Spada
Martirologio Romano: Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso.
Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.
San Paolo è senz’altro il più grande missionario di tutti i tempi, non conobbe personalmente Cristo, ma per la Sua folgorante chiamata sulla via di damasco, ne divenne un discepolo fra i più grandi, perorò la causa dei pagani convertiti, fu l’apostolo delle Genti; insieme a Pietro diffuse il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo di allora; con la sua parola e con i suoi scritti operò la prima e fondamentale inculturazione del Vangelo nella storia.
Origini e formazione
Nacque probabilmente verso il 5-10 d.C. a Tarso nella Cilicia, oggi situata nella Turchia meridionale presso i confini con la Siria, città che nel I secolo era un luogo cosmopolita, dove vivevano greci, anatolici, ellenizzati, romani e una colonia giudaica, a cui apparteneva il padre commerciante di tende, il quale con la sua famiglia, come tutti gli abitanti, godeva della cittadinanza romana, riconosciuta dal triumviro Marc’Antonio e poi dall’imperatore Augusto.
Come molti degli ebrei di quel tempo, portava due nomi, uno ebraico Saul, che significava “implorato a Dio” e l’altro latino o greco che era Paulus, probabilmente alludeva alla sua bassa statura; Paulus divenne poi il suo unico nome, quando cominciò la sua predicazione in Occidente.
Conosceva la cultura ellenistica e a Tarso imparò il greco, ma la sua educazione era fondamentalmente giudaica, il suo ragionamento e la sua esegesi biblica, avevano l’impronta della scuola rabbinica.
Persecutore dei cristiani
Da giovane fu inviato a Gerusalemme, dove fu allievo di Gamaliele, il maestro più famoso e saggio del mondo ebraico dell’epoca; e a Gerusalemme conobbe i cristiani come una setta pericolosa dentro il giudaismo da estirpare con ogni mezzo; egli stesso poi dirà di sé: “Circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei, fariseo quanto alla legge, quanto a zelo persecutore della Chiesa; irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge” (Fil. 3, 5-6).
Verso il 20 terminati gli studi, Saulo tornò a Tarso, dove presumibilmente si trovava durante la predicazione pubblica di Gesù; secondo gli “Atti degli Apostoli”, egli tornò a Gerusalemme una decina d’anni dopo, certamente dopo la Passione di Cristo, perché fu presente al martirio del protomartire Santo Stefano, diacono di Gerusalemme; pur non partecipando direttamente alla lapidazione del giovane cristiano, era tra coloro che approvarono la sua uccisione, anzi custodiva i loro mantelli.
Negli “Atti degli Apostoli”, Saul è descritto come accanito persecutore dei cristiani, fiero sostenitore delle tradizioni dei padri; il suo nome era pronunciato con terrore dai cristiani, li scovava nei rifugi, li gettava in prigione, testimoniò contro di essi, il suo cieco fanatismo religioso, costrinse molti di loro a fuggire da Gerusalemme verso Damasco.
Ma Saulo non li mollò, anzi a cavallo e con un drappello di armigeri, con il consenso del Sinedrio, cavalcò anch’egli verso Damasco, per scovarli e suscitare nella città siriana la persecuzione contro di loro.
La conversione
E sulla strada per Damasco, il Signore si rivelò a quell’accanito nemico; all’improvviso, narrano gli ‘Atti’, una luce dal cielo l’avvolse e cadendo dal cavallo, udì una voce che gli diceva: “Saul, Saul, perché mi perseguiti?”. E lui: “Chi sei o Signore?”; e la voce: “Io sono Gesù che tu perseguiti. Orsù alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare” (Atti 9, 3-7).
Gli uomini che l’accompagnavano, erano ammutoliti perché l’avevano visto cadere, forse videro anche l’improvviso chiarore, ma senza capire qualcosa; Saulo era rimasto senza vista e brancolando fu accompagnato a Damasco, dove per tre giorni rimase in attesa di qualcuno, digiuno e sconvolto da quanto gli era capitato.
In quei giorni conobbe la piccola comunità cristiana del luogo, che avrebbe dovuto imprigionare; al terzo giorno si presentò il loro capo Anania, convinto a farlo da una rivelazione parallela, che gli disse: “Saulo, fratello, il Signore Gesù che ti è apparso sulla via per la quale venivi, mi ha mandato da te, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”.
Detto ciò Anania gl’impose le mani guarendolo e poi lo battezzò; Saulo rimase qualche giorno a Damasco, dove si presentò nella Sinagoga, testimoniando quanto gli era accaduto, la comunità cristiana ne gioì, mentre quella ebraica rimase sconcertata, pensando che avesse perso la testa.
Fu la sua prima delusione, Anania gli aveva detto: “Iddio dei nostri padri, ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere Cristo e ad ascoltare le parole della sua bocca; perché tu gli sarai testimonio presso tutti gli uomini”.
Da quel momento, si può dire, nacque Paolo, l’apostolo delle Genti; egli decise di ritirarsi nel deserto, per porre ordine nei suoi pensieri e meditare più a fondo il dono ricevuto; qui trascorse tre anni in assoluto raccoglimento.
Forse proprio in questo periodo, avvenne quanto lui stesso racconta nella seconda lettera ai Corinzi (12, 2-4) “Conosco un uomo in Cristo, che quattordici anni fa – se con il corpo o fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo cielo.
E so che quest’uomo fu rapito in Paradiso e sentì parole indicibili, che non è lecito ad alcuno pronunziare”.
In effetti Paolo non era vissuto con Gesù come gli Apostoli e quindi non aveva ricevuto gradatamente tutta la formazione necessaria al ministero.
Ma a questo, il Maestro suppliva con interventi straordinari come la folgorazione sulla via di Damasco e facendogli contemplare la realtà divina portandolo in Paradiso, senza questo avvenimento Paolo non avrebbe potuto fare e insegnare come fece e insegnò.
Incontro e rapporto con gli Apostoli
Confortato da questa luce, dopo il ritiro ritornò a Damasco e si mise a predicare con entusiasmo, suscitando l’ira dei pagani, che lo consideravano un rinnegato e tentarono di ucciderlo; Paolo fu costretto a fuggire, calandosi di notte in una cesta dalle mura della città aiutato da alcuni cristiani, era all’incirca l’anno 39.
Rifugiatosi a Gerusalemme, si fermò qui una quindicina di giorni incontrando Pietro il capo degli Apostoli e Giacomo, ai quali espose la sua nuova vita.
Gli Apostoli lo capirono e stettero con lui ogni giorno per ore ed ore, parlandogli di Gesù; ma la comunità cristiana di Gerusalemme era diffidente nei suoi riguardi, memore della persecuzione accanita che aveva operato; soltanto grazie alla garanzia di Barnaba, un ex levita di grande autorità, i dubbi furono dissipati e fu accettato.
Anche a Gerusalemme, nei quindici giorni della sua permanenza, Paolo cercò di fare qualche conversione, ma questa sua attività missionaria indispettì i giudei e impensierì i cristiani, alla fine non trovandosi a suo agio, si recò prima a Cesarea e poi tornò a Tarso in Cilicia, la sua città, riprendendo il mestiere di tessitore.
Dal 39 al 43 non vi sono notizie sulla sua attività, finché Barnaba, inviato dagli apostoli ad organizzare la nascente comunità cristiana di Antiochia, passò da lui invitandolo a seguirlo; qui Paolo abbandonò per sempre il nome di Saulo, perché si convinse che la sua missione non era tanto fra i giudei, ma fra gli altri popoli che gli ebrei chiamavano ‘gentili’; ad Antiochia i discepoli di Cristo, furono denominati per la prima volta come “cristiani”.
Alla fine dell’anno 43, Paolo e Barnaba tornarono a Gerusalemme, per portare un aiuto economico a quella comunità e al ritorno ad Antiochia, condussero con loro il giovane Giovanni Marco, figlio della padrona di casa, la vedova Maria, che ospitava gli Apostoli nelle loro tappe a Gerusalemme, egli era nipote dello stesso Barnaba e il futuro evangelista.
Primo viaggio apostolico
Barnaba e Paolo decisero di intraprendere nel 45, un viaggio missionario in altre regioni, quindi con Marco partirono per Cipro, l’isola di cui era originario Barnaba, non si conosce l’estensione della loro evangelizzazione, qui Paolo ebbe un diverbio con il mago Elimas; da Cipro i tre fecero il viaggio di ritorno ad Antiochia, toccando varie cittadine dell’Asia Minore; a Perge nell’Anatolia avvenne la cosiddetta ‘fuga di Marco’, spaventato dalle difficoltà del lungo viaggio, lasciò i due compagni e se ne tornò a Gerusalemme.
Paolo e Barnaba comunque proseguirono e a Listra, Paolo guarì uno storpio; gli abitanti li scambiarono per Giove e Mercurio e volevano offrire loro un sacrificio.
La controversia sull’osservanza della Legge mosaica
Tornati ad Antiochia, soddisfatti per i risultati conseguiti, i due apostoli trovarono la comunità in agitazione, perché alcuni cristiani provenienti da Gerusalemme, riferirono che era in discussione il concetto che il battesimo cristiano, senza la circoncisione ebraica non sarebbe servito a nulla; così Paolo e Barnaba per chiarire l’argomento si recarono a Gerusalemme dagli Apostoli, provocando così quello che venne definito il primo Concilio della Chiesa.
Pietro ribadì che la salvezza, proviene dalla Grazia del Signore Gesù, che non aveva fatto nessuna discriminazione tra ebrei circoncisi e fedeli non ebrei; Paolo dal canto suo illustrò i risultati meravigliosi ottenuti fra i ‘gentili’ e si dichiarò a favore della non obbligatorietà dell’osservanza della legge mosaica, al contrario di molti cristiani per lo più ex farisei, che non volevano rinunciare alle loro pratiche, osservate sin dalla nascita, come la circoncisione, l’astensione dalle carni impure, la non promiscuità con i pagani o ex pagani, ecc.
Alla fine fu l’apostolo Giacomo a fare una proposta, accettata da tutti, non imporre ai convertiti dal paganesimo la legge mosaica, la cui pratica rimaneva facoltativa per gli ex ebrei.
A Paolo, Barnaba, Sila e Giuda Taddeo, fu dato l’incarico di comunicare ai fedeli delle varie comunità le decisioni prese. Ma la polemica continuò fra i cristiani delle due provenienze, fino a quando la Chiesa, ormai affermata nel mondo greco-romano, divenne autonoma dall’influenza della sinagoga.
Secondo viaggio apostolico
Si era nel 50 e Paolo decise di partire con Barnaba per un nuovo viaggio in Asia Minore, Barnaba propose di portare con loro il nipote Marco, ma Paolo si oppose decisamente, per non avere problemi come già successo nel primo viaggio.
Irrigiditi sulle proprie posizioni, alla fine i due apostoli si divisero, Barnaba con Marco andarono di nuovo ad evangelizzare Cipro e Paolo con Sila (O Silvano) andarono nel nuovo itinerario.
Il viaggio apostolico durato fino al 53, toccò la Grecia, la Macedonia dove Paolo evangelizzò Filippi; qui i due furono flagellati ed incarcerati, ma dopo un terremoto avvenuto nella notte e la conversione del carceriere, la mattina dopo furono liberati.
Andarono poi a Tessalonica, a Berea ed Atene, dove il dotto discorso di Paolo all’Areopago fu un insuccesso; dopo una sosta di un anno e mezzo a Corinto, ritornarono ad Antiochia.
Terzo viaggio apostolico
Nel 53 o 54, iniziò il terzo grande viaggio di Paolo, si diresse prima ad Efeso, fermandosi tre anni; la sua predicazione portò ad una diminuzione del culto alla dea Artemide e il commercio sacro ad esso collegato ebbe un tracollo, ciò provocò una sommossa popolare, da cui Paolo ne uscì illeso; la comunità fu affidata al discepolo Timoteo.
Da Efeso fu di nuovo in Macedonia e per tre mesi a Corinto; sfuggendo ad un programmato agguato sulla nave su cui si doveva imbarcare, continuò il viaggio per terra accompagnato per un tratto da Luca che ne fece un resoconto particolareggiato.
Egli visitò con commozione le comunità cristiane dell’Asia Minore che aveva fondate, presentendo di non poterle più rivedere.
L’ultima tappa fu Cesarea dove il profeta Agabo gli predisse l’arresto e la prigione, da lì arrivò a Gerusalemme verso la fine di maggio 58, qui portò le offerte raccolte nel suo ultimo viaggio.
Gli avvenimenti giudiziari
A Gerusalemme, oltre la gioia di una parte della comunità, trovò un’atmosfera tesa nei suoi confronti, conseguente alla già citata questione dell’ammissione incondizionata dei pagani convertiti al cristianesimo.
I sospetti sul suo conto, da parte degli Ebrei erano molti, alla fine fu accusato di aver introdotto nel tempio profanandolo, un cristiano non giudeo, tale Trogiuno; ciò provocò la reazione della folla e solo l’intervento del tribuno Claudio Lisia lo salvò dal linciaggio; convinto però che Paolo fosse un egiziano pregiudicato, lo fece flagellare, nonostante le sue proteste perché ciò era illegittimo, essendo cittadino romano.
Condotto davanti al Sinedrio, Paolo abilmente suscitò una contrapposizione tra Sadducei e Farisei, cosicché Lisia lo riportò in carcere e il giorno dopo, volendosi liberare della spinosa questione, mandò l’Apostolo sotto scorta a Cesarea, dal procuratore Antonio Felice, il quale pur trattandolo con una prigionia alquanto lieve, lo trattenne per ben due anni, sperando in un riscatto.
Solo il suo successore Porcio Festo, nel 60, provvide ad istruire un processo contro di lui a Gerusalemme, ma Paolo si oppose e come “civis romanus” si appellò all’imperatore.
Appena fu possibile, fu consegnato al centurione Giulio per essere trasferito a Roma, accompagnato da Luca e Aristarco; il viaggio a quel tempo avventuroso, fu interrotto a Malta a causa di un naufragio, dopo tre mesi di sosta, proseguì a tappe successive a Siracusa, Reggio Calabria, Pozzuoli, Foro Appio e Tre Taverne, arrivando nel 61 a Roma.
Qui gli fu concesso di alloggiare in una camera affittata, in una sorta di libertà vigilata ma con contatti con i cristiani, in attesa di un processo che non si fece mai, per il mancato arrivo degli accusatori dalla Palestina.
Terminato qui il racconto degli “Atti degli Apostoli”, le fasi finali della sua vita, possono essere ricostruite da alcuni accenni delle sue Lettere; probabilmente fu liberato, perché nel 64 Paolo non era a Roma durante la persecuzione di Nerone; forse perché in Oriente e in Spagna per il suo quarto viaggio apostolico.
Si sa che lasciò i discepoli Tito a Creta e Timoteo ad Efeso, a completare l’evangelizzazione da lui iniziata.
Il martirio
Nel 66, forse a Nicopoli, fu di nuovo arrestato e condotto a Roma, dove fu lasciato solo dai discepoli, alcuni erano lontani ad evangelizzare nuovi popoli, qualcun altro aveva lasciato la fede di Cristo; i cristiani di Roma terrorizzati dalla persecuzione, lo avevano abbandonato o quasi, solo Luca era con lui.
Paolo presagiva ormai la fine e lanciò un commovente appello a Timoteo: “Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele… Cerca di venire presto da me perché Dema mi ha abbandonato…, Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo Luca è con me. Prendi Marco e portalo con te, perché mi sarà utile per il ministero…”.
Questa volta il tribunale romano lo condannò a morte perché cristiano; fu decapitato tradizionalmente un 29 giugno di un anno imprecisato, forse il 67, essendo cittadino romano gli fu risparmiata la crocifissione; la sentenza ebbe luogo in una località detta “palude Salvia”, presso Roma (poi detta Tre Fontane, nome derivato dai tre zampilli sgorgati quando la testa mozzata rimbalzò tre volte a terra); i cristiani raccolsero il suo corpo seppellendolo sulla via Ostiense, dove poi è sorta la magnifica Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Culto
Non c’è certezza se i due apostoli Pietro e Paolo, siano morti contemporaneamente o in anni diversi, è certo comunque che il 29 giugno 258, sotto l’imperatore Valeriano (253-260) le salme dei due apostoli furono trasportate nelle Catacombe di San Sebastiano, per metterle al riparo da profanatori; quasi un secolo dopo, papa s. Silvestro I (314-335) fece riportare le reliquie di Paolo nel luogo della prima sepoltura e in quell’occasione l’imperatore Costantino I, fece erigere sulla tomba una chiesa, trasformata in Basilica nel 395, che sopravvisse fino al 1823, quando un violento incendio la distrusse; nello stesso luogo fu ricostruita l’attuale Basilica.
La Chiesa Latina celebra la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni di Roma il 29 giugno, perché anche se essi furono i primi a portare la fede nella capitale dell’impero, sono realmente i ‘fondatori’ della Roma cristiana.
La festa liturgica dei ss. Pietro e Polo venne inserita nel santoriale, ben prima della festa del Natale e dopo la Vergine SS. Sono insieme a s. Giovanni Battista, i santi ricordati più di una volta e con maggiore solennità; infatti il 25 gennaio si ricorda la Conversione di s. Paolo, il 22 febbraio la Cattedra di San Pietro, il 18 novembre la Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, oltre la solennità del 29 giugno.
La sua dottrina
Le sue 14 ‘Lettere’ fanno parte della ‘Vulgata’, versione latina della Bibbia e costituiscono i cardini dottrinali della Chiesa; indirizzate a comunità di cristiani dell’epoca (Filippesi, Colossesi, Galati, Corinzi, Romani, Ebrei, Tessalonicesi, Efesini), oppure a singoli discepoli (Tito, Timoteo, Filemone), in esse Paolo espose il suo pensiero annunziante il Vangelo, da lui definito così: “Io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo”.
In esse si trattano argomenti fondamentali quali la fede, il battesimo, la giustificazione per mezzo della fede, il peccato, l’umanità, lo Spirito Santo, il problema dell’incredulità e della conversione degli ebrei; la natura del ministero apostolico, lo scandalo di un incesto, il problema del matrimonio e della verginità, la celebrazione dell’Eucaristia, l’uso dei carismi, l’amore cristiano, la risurrezione dei morti, le tribolazioni e le speranze degli Apostoli.
E ancora: il mistero dell’Incarnazione, Cristo e la Chiesa, la salvezza universale, l’umiltà di Cristo, del suo primato sull’universo, l’impegno dei fedeli per la loro personale salvezza, la seconda venuta di Cristo e dell’Anticristo, il delineamento della figura e l’opera di Cristo, sotto il punto di vista dell’Antico Testamento, del sacrificio, del culto, del sacerdozio, del tempio; infine insegnamenti pratici per reggere una comunità, la difesa della causa di uno schiavo fuggito.
S. Paolo nell’arte e patronati
Era piccolo di statura, con naso adunco e occhi cisposi, impetuoso nell’affrontare la nuova missione cui era destinato, ma anche non rinunciatario dei suoi diritti, ligio alle regole e alle leggi; Paolo nell’arte, è stato invece raffigurato variamente secondo l’estro dell’artista, maturo o anziano, con barba e baffi e con capelli a corona intorno ad un’ampia fronte calva, seguendo anche le indicazioni degli apocrifi “Atti di Paolo e Tecla”, considerata sua discepola ad Iconio.
È patrono oltre di Roma, di Malta e dal 16 luglio 1914 della Grecia, innumerevoli sono le basiliche e chiese a lui dedicate in tutto il mondo; otto Comuni in Italia portano il suo nome; ricordiamo anche la metropoli sudamericana di San Paolo del Brasile. È protettore dei cordai e dei cestai; è invocato contro le tempeste di mare, i morsi dei serpenti e contro la cecità. Suo attributo è la spada, strumento del suo martirio.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo, pregate per noi.
*San Paolo Wu Yan, Giovan Battista Wu Mantang e Paolo Wu Wanshu - Martiri Cinesi (29 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartengono:
“Santi Martiri Cinesi” (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)
Xiaoluyi, Hebei, Cina, 29 giugno 1900
Nella solennità dei Santi apostoli Pietro e Paolo, la Chiesa ricorda anche alcuni martiri di diciannove secoli dopo, che fanno parte dei 120 cinesi canonizzati da Giovanni Paolo II il 1 ottobre del 2000.
Si tratta di due gruppi di laici. Da un lato Paolo Wu Yan insieme al figlio Giovanni Battista Wu Mantang, di diciassette anni, e al nipote Paolo Wu Wanshu di sedici. Dall'altro Maria Du Tianshi e sua figlia Maddalena Du Fengju.
Caddero, in odio alla fede, in due diverse località della regione dell'Hebei nel mese di luglio del 1900. Era in corso nel Celeste Impero la cosidetta rivolta dei «Boxers», che iniziata nello Shandong, diffusasi poi nello Shanxi e nell'Hunan, raggiunse anche il vicariato apostolico di Xianxian, affidato ai Gesuiti. I cristiani uccisi in quei frangenti si contarono a migliaia. (Avvenire)
Emblema: Palma
Martirologio Romano: Nel territorio di Xiaolüyi presso Shenxian nella provincia dello Hebei in Cina, Santi martiri Paolo Wu Jan, Giovanni Battista Wu Mantang, suo figlio, e Paolo Wu Wanshu, suo nipote, che nella persecuzione dei Boxer, per aver confessato di essere cristiani, meritarono di raggiungere tutti insieme la corona del martirio.
Per molti secoli sino ad oggi i cristiani cinesi sono stati vittime di violente persecuzioni che raggiunsero l’apice nell’anno 1900 con l’infuriare della cosiddetta “rivolta dei Boxers”. Dalla metà del mese di giugno essa raggiunse anche lo Shenxian, vicariato apostolico cinese affidato alla cura pastorale dei Gesuiti.
Il 29 giugno i soldati raggiunsero il villaggio di Xiaoluyi, presso Shenxian, nella provincia cinese dello Hebei, e qui uccisero tre persone che non esitarono a professare la loro fede cristiana: il laico sposato Paolo Wu Juan (62 anni), suo figlio Giovanni Battista Wu Mantang (17 anni) e suo nipote Paolo Wu Wanshu (16 anni).
Erano tutti nativi del paese medesimo ove andarono incontro al martirio.
In quel periodo le vittime si contarono a migliaia ed i Gesuiti ritennero opportuno non disperdere la memoria di questi intrepidi testimoni della fede.
Raccolsero allora il materiale reperibile ed il 28 maggio 1948 fu introdotta dunque la causa di canonizzazione del gruppo denominato “Leon-Ignace Mangin e 55 compagni”, che portò alla beatificazione il 17 aprile 1955, in seguito al riconoscimento del loro martirio avvenuto il 22 febbraio precedente, ed infine all’ufficializzazione della loro santità da parte di Giovanni Paolo II durante il Grande Giubileo del 2000, unitamente ad un gruppo complessivo di 120 martiri cinesi di varie epoche.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo Wu Yan, Giovan Battista Wu M. e Paolo Wu Wanshu, pregate per noi.
*San Pietro - Apostolo (29 Giugno)
Bethsaida (Galilea) - † Roma, 67 d.C.
Pietro, scelto da Cristo a fondamento dell'edificio ecclesiale, clavigero del regno dei cieli (Mt 16,13-19), pastore del gregge santo (Gv 21,15-17, confermatore dei fratelli (Lc 22,32), è nella sua persona e nei suoi successori il segno visibile dell'unità e della comunione nella fede e nella carità.
Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro. (Mess. Rom.)
Patronato: Papi, Pescatori
Etimologia: Pietro = pietra, sasso squadrato, dal latino
Emblema: Chiavi, Croce rovesciata, Rete da pescat
Martirologio Romano: Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli.
Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro.
Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso.
Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense.
In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.
San Pietro è l’apostolo investito della dignità di primo papa da Gesù Cristo stesso: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”.
Pur non essendo stato il primo a portare la fede a Roma, ne divenne insieme a San Paolo, fondatore della Roma cristiana, stabilizzando e coordinando la prima Comunità, confermandola nella Fede e testimoniando con il martirio la sua fedeltà a Cristo.
Nacque a Bethsaida in Galilea, pescatore sul lago di Tiberiade, insieme al fratello Andrea, il suo nome era Simone, che in ebraico significava “Dio ha ascoltato”; sposato e forse vedovo perché nel Vangelo è citata solo la suocera, mentre nei Vangeli apocrifi è riportato che aveva una figlia, la leggendaria santa Petronilla; il fratello Andrea, dopo aver ascoltato l’esclamazione di Giovanni Battista: ”Ecco l’Agnello di Dio!” indicando Gesù, si era recato a conoscerlo ed ascoltarlo e convintosi, disse poi a Simone “Abbiamo trovato il Messia!” e lo condusse con sé da Gesù.
Pietro fu chiamato da Cristo a seguirlo dicendogli “Tu sei Simone il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa = Pietro (che in latino è tradotto Petrus); in seguito dopo la pesca miracolosa, avrà la promessa da Cristo che diventerà pescatore di anime.
Fu tra i più intraprendenti e certamente il più impulsivo degli Apostoli, per cui ne divenne il portavoce e capo riconosciuto, con la celebre promessa del primato: “E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa.
Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Ciò nonostante anche lui fu preso da grande timore durante l’arresto e il supplizio di Gesù, e lo rinnegò tre volte.
Ma si pentì subito di ciò e pianse lagrime amare di rimorso; egli non è un’asceta, un diplomatico, anzi è uno che afferma drasticamente le cose e le dice, protesta come quando il Maestro preannuncia la sua imminente morte, Pietro pensa e poi afferma: “Il Maestro deve morire?
Assurdo!”, come altrettanto decisamente si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, durante l’ultima cena, ma in questa ed altre occasioni riceve i rimproveri del Maestro ed egli pur non comprendendo, accetta sempre, perché sapeva od aveva intuito di trovarsi davanti alla Verità.
È un uomo semplice, schietto, diremmo sanguigno, agisce d’impeto come quando cerca con la spada, di opporsi alla cattura di Gesù, che ancora una volta lo riprende per queste sue reazioni di essere umano, non ancora conscio, del grande evento della Redenzione e quindi, privato delle sue forze solo umane, non gli resta altro che fuggire ed assistere impotente ed angosciato agli episodi della Passione di Cristo.
Dopo la crocifissione e la Resurrezione, Pietro ormai convinto della missione salvifica del suo Maestro, riprende coraggio e torna quindi a radunare gli altri Apostoli e discepoli dispersi, infondendo coraggio a tutti, fino alla riunione nel Cenacolo cui partecipa anche Maria.
Lì ricevettero lo Spirito Santo, ebbero così la forza di affrontare i nemici del nascente cristianesimo e con il miracolo della comprensione delle lingue, uscirono a predicare le Verità della nuova Fede.
Gli Apostoli nell’ardore di propagare il Cristianesimo a tutte le genti, non solo agli israeliti, dopo 12 anni trascorsi a Gerusalemme, si sparsero per il mondo conosciuto di allora.
Pietro ebbe il dono di operare miracoli, alla porta del tempio guarì un povero storpio, suscitando entusiasmo tra il popolo e preoccupazione nel Sinedrio.
Anania e Zaffira caddero ai suoi piedi stecchiti, per aver mentito e Simon Mago che voleva con i suoi soldi comprare da lui il potere di fare miracoli, subì parole durissime e cadendo rovinosamente, in un tentativo di operarli da solo.
Risuscitò Tabita a Giaffa per la gioia di quella comunità fuori Gerusalemme.
Ammise al battesimo il centurione romano Cornelio e la sua famiglia, stabilendo così che cristiani potevano essere anche i pagani e chi non era circonciso, come fino allora prescriveva la legge ebraica di Mosè.
Subì il carcere e miracolosamente liberato, lasciò Gerusalemme, dove la vita era diventata molto rischiosa a causa della persecuzione di Erode Antipa, intraprese vari viaggi, poi nell’anno 42 dell’era cristiana dopo essere stato ad Antiochia, giunse in Italia proseguendo fino a Roma ‘caput mundi’, centro dell’immenso Impero Romano, ne fu vescovo e primo Papa per 25 anni, anche se interrotti da qualche viaggio apostolico.
A causa dell’incendio di Roma dell’anno 644, di cui furono incolpati i cristiani, avvenne la prima persecuzione voluta da Nerone; fra le migliaia e migliaia di vittime vi fu anche Pietro il quale finì nel carcere Mamertino e nel 67 (alcuni studiosi dicono nel 64), fu crocifisso sul colle Vaticano nel circo Neroniano, la tradizione antichissima fa risalire allo storico cristiano Origene, la prima notizia che Pietro fu crocifisso per sua volontà, con la testa in giù; nello stesso anno San Paolo veniva decollato sempre a Roma ma fuori le mura.
Il corpo di Pietro venne sepolto a destra della via Cornelia, dove fu poi innalzata la Basilica Costantiniana.
La grandezza di Pietro consiste principalmente nella dignità di cui fu rivestito e che trascendendo la sua persona, si perpetua nell’istituzione del papato.
Primo Papa, Vicario di Cristo, capo visibile della Chiesa, egli è il capolista di una gerarchia che da venti secoli si avvicenda nella guida dei fedeli credenti.
L’umile pescatore di Bethsaida, si trovò a guidare la nascente Chiesa, in un periodo cruciale per l’affermazione nel mondo pagano dei principi del Cristianesimo; istituì il primo ordinamento ecclesiastico e la recita del ‘Pater noster’.
Indisse il 1° Concilio di Gerusalemme, fu ispiratore del Vangelo di Marco, autore di due lettere apostoliche nonostante la sua scarsa cultura, nominò apostolo il discepolo Mattia al posto del suicida Giuda Iscariote.
Il primo simbolo che caratterizza la figura di Pietro e dei suoi successori è la ‘Cattedra’, segno della potestà di insegnare, confermare, guidare e governare il popolo cristiano, la ‘cattedra’ è inserita nel grande capolavoro della “Gloria” del Bernini, che sovrasta l’altare maggiore in fondo alla Basilica Vaticana, a sua volta sovrastata dall’allegoria della colomba, raffigurante lo Spirito Santo che l’assiste e lo guida.
Il secondo simbolo, il più diffuso, è lo stemma pontificio, comprendente una tiara, copricapo esclusivo del papa con le chiavi incrociate.
La tiara porta tre corone sovrapposte, quale simbolo dell’immensa potestà del pontefice (nel pontificale romano del 1596, la tiara o triregno, stava ad indicare il Papa come padre dei principi e dei re, rettore del mondo cattolico e Vicario di Cristo).
Questo simbolo perpetuato e arricchito nei secoli da artisti insigni, nelle loro opere di pittura, scultura, araldica, raffiguranti i vari papi, oggi non è più usata e nelle cerimonie d’incoronazione è stata sostituita dalla mitria vescovile.
Questo ad indicare che il papa più che essere al disopra di tutti regnanti, è invece vescovo tra i vescovi e che il suo primato è tale perché vescovo di Roma, a cui la tradizione apostolica millenaria aveva affidato tale compito.
Le chiavi simboleggiano la potestà di aprire e chiudere il regno dei cieli, come detto da Gesù a Pietro.
Per tutti i secoli successivi, San Pietro, rimase fino al 1846 il papa che aveva governato più a lungo di tutti con i suoi 25 anni, poi venne Pio IX con i suoi 32 anni di governo; ma l’attuale pontefice Giovanni Paolo II ha raggiunto anch’egli il quarto di secolo come San Pietro.
Nessun successore per rispetto, ha voluto chiamarsi Pietro.
Nella Basilica Vaticana, nella cripta sotto il maestoso altare con il baldacchino del Bernini, detto della ‘Confessione’, vi sono le reliquie di San Pietro, venute alla luce durante i lavori di restauro e consolidamento archeologico, fatti eseguire da Papa Pio XII negli anni ’50.
Sulla destra dell’immensa navata centrale, vi è la statua bronzea, opera attribuita ad Arnolfo di Cambio, raffigurante l’Apostolo assiso in cattedra, essa si trovava originariamente nel mausoleo che all’inizio del V secolo l’imperatore Onorio, volle costruire sul lato sinistro della basilica, per stare accanto alla tomba del martire; durante le cerimonie pontificie essa viene rivestita con i paramenti papali.
Sporgente dal basamento vi è il piede, ormai consumato dallo strofinio delle mani e dal tradizionale bacio di milioni di fedeli e pellegrini, alternatosi nei secoli e provenienti da tutte le Nazioni.
La festa, o più esattamente la solennità, dei SS. Pietro e Paolo al 29 giugno, è una delle più antiche e più solenni dell’anno liturgico.
Essa venne inserita nel messale ben prima della festa del Natale e vi era già nel secolo IV l’usanza di celebrare in questo giorno tre S. Messe: la prima nella basilica di S. Pietro in Vaticano, la seconda a S. Paolo fuori le mura e la terza nelle catacombe di S. Sebastiano, dove le reliquie dei due apostoli dovettero essere nascoste per qualche tempo, per sottrarle alle profanazioni barbariche.
Il giorno 29 giugno sembrerebbe essere la ‘cristianizzazione’ di una ricorrenza pagana, che esaltava le figure di Romolo e Remo, i due mitici fondatori di Roma, come i due apostoli Pietro e Paolo sono considerati i fondatori della Roma cristiana.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro, pregate per noi.
*Santi Pietro e Paolo - Apostoli (29 Giugno)
m. 67 d.C.
Due apostoli e due personaggi diversi, ma entrambi fondamentali per la storia della Chiesa del primo secolo così come nella costruzione di quelle radici dalle quali si alimenta continuamente la fede cristiana.
Pietro, nato a Betsaida in Galilea, era un pescatore a Cafarnao.
Fratello di Andrea, divenne apostolo di Gesù dopo che questi lo chiamò presso il lago di Galilea e dopo aver assistito alla pesca miracolosa.
Da sempre tra i discepoli più vicini a Gesù fu l'unico, insieme al cosiddetto «discepolo prediletto», a seguire Gesù presso la casa del sommo sacerdote Caifa, fu costretto anch'egli alla fuga dopo aver rinnegato tre volte il maestro, come questi aveva già predetto.
Ma Pietro ricevette dallo stesso Risorto il mandato a fare da guida alla comunità dei discepoli.
Morì tra il 64 e il 67 durante la persecuzione anticristiana di Nerone.
San Paolo, invece, era originario di Tarso: prima persecutore dei cristiani, incontrò il Risorto sulla via tra Gerusalemme e Damasco.
Baluardo dell'evangelizzazione dei popoli pagani nel Mediterraneo morì anch'egli a Roma tra il 64 e il 67.
Martirologio Romano: Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli.
Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro.
Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso.
Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.
Il 29 di giugno la Chiesa commemora la solennità liturgica degli Apostoli:
San Pietro
Pietro, scelto da Cristo a fondamento dell'edificio ecclesiale, clavigero del regno dei cieli (Mt 16,13-19), pastore del gregge Santo (Gv 21,15-17), confermatore dei fratelli (Lc 22,32), è nella sua persona e nei suoi successori il segno visibile dell'unità e della comunione nella fede e nella carità.
Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro.
San Paolo
Paolo, cooptato nel collegio apostolico dal Cristo stesso sulla via di Damasco, strumento eletto per portare il suo nome davanti ai popoli, è il più grande missionario di tutti tempi, l'avvocato dei pagani, l'apostolo delle genti, colui che insieme a Pietro far risuonare il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo.
Gli apostoli Pietro e Paolo sigillarono con il martirio a Roma, verso l'anno 67, la loro testimonianza al Maestro.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Pietro e Paolo, pregate per noi.
*Beato Raimondo Lullo - Terziario Francescano, Martire (29 Giugno)
Palma di Maiorca, Isole Baleari, 1235 – Maiorca, 29 giugno 1316
Nasce a Maiorca nel 1235 da famiglia nobile.
In gioventù intraprende la carriera politica al seguito del figlio del re d’Aragona.
Si sposa ed ha due figli, ma intorno ai trent’anni entra nell’Ordine francescano dedicandosi allo studio e a viaggi di conoscenza, con lo scopo diffondere il cristianesimo soprattutto tra i musulmani.
Fonda un collegio per far studiare l’arabo ai francescani e scrive numerosi trattati di formazione missionaria che gli varranno il titolo di «dottore illuminato».
Parte poi verso il Medio Oriente dove tenta la via della conciliazione tra cristiani d’Oriente e d’Occidente e nel Nord Africa a predicare tra i musulmani, con spirito tenace anche oltre le difficoltà e gli insuccessi.
Muore nel 1316 tornando dall’Africa, e viene sepolto con grandi onori a Maiorca. La fama popolare di beato circonda la sua figura subito dopo la morte, ma solo nel 1850 Pio IX ne approverà il culto, che già gli veniva tributato in Catalogna e nell’Ordine francescano. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel braccio di mare di fronte all’isola di Maiorca, Beato Raimondo Lullo, religioso del Terz’Ordine di San Francesco e martire, che, uomo di grande cultura e di illuminata dottrina, per propagare il Vangelo di Cristo instaurò con i Saraceni un fraterno dialogo.
Gli è andato bene tutto: famiglia nobile e ricca, e di conseguenza un’ottima educazione; poi l’amicizia col secondogenito del re d’Aragona, don Giacomo, che eredita dal padre il singolare e poco duraturo “Regno di Maiorca”, con le Isole Baleari, le regioni di Montpellier e di Perpignano.
Di questo re, lui diventa una sorta di primo ministro; si sposa, gli nascono due figli. Ma sui trent’anni lascia tutto e si mette furiosamente a studiare: filosofia, teologia, lingua araba. Viaggia molto, andrà otto volte a Roma e lo scopo della sua esistenza è ormai uno solo: diffondere il cristianesimo intanto tra i musulmani presenti nelle Baleari, ma andarlo pure a predicare in Africa.
Ed è tra i primi a capire che bisogna conoscere bene a fondo la cultura dei popoli che si vogliono evangelizzare.
Fonda innanzitutto un collegio per far studiare l’arabo ai francescani; suggerisce a Roma metodi di formazione missionaria che saranno più tardi adottati da Propaganda Fide: scrive trattati di filosofia e teologia in latino, poesie in lingua catalana, e poi parte verso il Medio Oriente (Cipro, Rodi, Siria, Palestina) tentando di riavvicinare i cristiani d’Oriente e d’Occidente, i “greci” e i “latini”.
Va nel Nord Africa per convertire i musulmani, parlando la loro lingua: si è preparato all’impresa scrivendo un trattato sulla ricerca comune della verità, ha scritto anche poesie nella sua lingua nativa, ma con verseggiatura araba; ed è personalmente ben visto dal califfo di Tunisi...
L’impresa però fallisce. Così come falliscono i suoi tentativi di riconciliazione tra i cristiani, e i suoi progetti per una crociata in Terrasanta.
Il suo amore per il Cristo, "in quella natura meridionale traboccante di sogni grandiosi e di attive risorse, si traduce in un’appassionata volontà di lavorare con tutti i mezzi alla salvezza degli infedeli" (Fliche-Martin, Storia della Chiesa, vol. XIII, p. 433).
Gli va male tutto, umanamente parlando.
Anche la sua scuola di lingua araba chiude dopo un ventennio. Tuttavia nessun insuccesso lo scuote. Al concilio di Vienna (1311-1313) propone di fondere in uno solo tutti gli ordini di cavalieri cristiani, e non gli danno retta.
Sarà poi chiamato dai posteri Doctor illuminatus, ma i contemporanei non sembrano apprezzare i suoi lumi.
Falliscono ancora due suoi tentativi missionari in Nord Africa, conclusi da arresti ed espulsioni. Anzi, si diffonderà anche la voce che a Bouge (attuale Algeria) egli sia stato lapidato a morte.
Ma si tratta di leggenda. Raimondo Lullo muore a Maiorca, di ritorno dall’Africa, e viene sepolto con grandi onori nella chiesa di San Francesco.
La fama popolare di beato circonda la sua figura subito dopo la morte, e poi nei tempi successivi: ma anche gli sforzi di farlo beatificare falliscono.
Nel 1850, infine, Pio IX approverà il culto come Beato, che già da tempo gli veniva tributato in Catalogna e nell’Ordine francescano.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Raimondo Lullo, pregate per noi.
*Beata Salome di Niederaltaich - Reclusa (29 Giugno)
XI secolo
La vita di questa Santa è avvolta nella leggenda. Ritornando da un pellegrinaggio a Gerusalemme, Salome perse la vista nelle vicinanze di Regensburg e dopo una caduta nel Danubio fu colpita dalla lebbra e costretta a mendicare.
L’abate di Niederaltaich la accolse presso di sé e, assecondandone la volontà, la fece murare in una cella ricavata nel coro della chiesa conventuale.
Nello stesso monastero fu raggiunta dalla cugina Giuditta, che si fece murare anch’ella nell’atrio della stessa chiesa.
Salome precedette Giuditta nella morte, dopo aver sopportato tremende sofferenza fisiche.
L’esistenza delle due cugine è da collocarsi alla fine dell’undicesimo secolo.
L’Ordine Benedettino la festeggia il 29 giugno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Salome di Niederaltaich, pregate per noi.
*San Siro di Genova - Vescovo (29 Giugno)
Struppa, Genova, III-IV secolo – Genova, 29 giugno 381 circa
Vescovo di Genova, si dedicò con grande zelo alla cura delle anime. Nel periodo del suo servizio pastorale, la vita cristiana progredì a tal punto che i suoi contemporanei e i posteri ricordarono il nome di Siro come quello di un pastore santo e vigilante.
Visse nel secolo IV. In età avanzata e in fama di santità morì il 29 giugno. Fu sepolto nella basilica dei Dodici Apostoli, che in seguito prese il suo nome ed è ricordata da San Gregorio Magno.
A Genova la sua festa si celebra il 7 luglio a ricordo della traslazione delle sue reliquie nella Chiesa cattedrale ad opera del vescovo Landolfo.
Etimologia: Siro = nativo della Siria, dal latino
Emblema: Bastone pastorale, Mitra
Martirologio Romano: A Genova, San Siro, che è venerato come vescovo.
La nomina dell’arcivescovo di Genova, Cardinal Tarcisio Bertone, a nuovo Segretario di Stato vaticano ha ridestato l’interesse per la figura del santo oggi festeggiato, in particolare grazie alla lettera che il pontefice Benedetto XVI ha indirizzato ai fedeli di tale Chiesa locale per spiegare loro il motivo di tale scelta e rassicurarli sulla sua volontà di “provvedere quanto prima alla nomina del nuovo successore sulla Cattedra di San Siro”.
Il nome di questo santo rievoca principalmente il celebre stadio milanese, il cui nome è dovuto in realtà un altro Santo omonimo, vescovo e martire presso Pavia nel IV secolo e festeggiato al 9 dicembre, il cui culto si è esteso sino a Milano.
Il Martyrologium Romanum cita invece in data odierna un San Siro coevo del precedente e perciò talvolta con esso confuso.
Questi fu vescovo del capoluogo ligure, ove si dedicò con grande zelo alla cura delle anime sottoposte alla sua cura.
Pochissimo sappiamo delle sue origini, ma alcuni studiosi lo vorrebbero nativo del fondo vescovile di Molliciana, odierna Mollesana, e quindi più precisamente nella zona di Struppa, ove infatti sorge una grande ed antica basilica a lui dedicata.
Non a caso il santo è talvolta citato come “San Siro di Struppa”.
La tradizione narra che fosse figlio di Emiliano Dolcino e discepolo del vescovo Felice.
Nel periodo del suo ministero pastorale, collocabile approssimativamente tra il 349 ed il 381, la vita cristiana della città di Genova progredì a tal punto che i suoi contemporanei tramandarono ai posteri il nome di Siro abbinandolo meritevolmente al ricordo di un pastore santo e vigilante.
In età ormai avanzata e circondato da un’indiscussa fama di santità, Siro morì il 29 giugno di un anno imprecisato, forse proprio il 381 che viene considerato l’ultimo del suo episcopato.
Ricevette sepoltura nella basilica genovese dei Dodici Apostoli, che in seguito prese il suo nome ed è fu citata anche da San Gregorio Magno.
In seguito le sue spoglie vennero traslate nella Cattedrale ad opera del vescovo Landolfo ed in tale anniversario, il 7 luglio, l’arcidiocesi di Genova ne celebra la festa.
Il martirologio romano, che ricorda i Santi ed i Beati nell’anniversario della loro nascita al cielo, ha invece optato per il 29 giugno.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Siro di Genova, pregate per noi.
*San Trinio - Santo Gallese (29 Giugno)
San Trinio (Trunio) è un Santo gallese.
Di questo santo non sappiamo praticamente nulla. Si ricorda solo che era cugino del Santi Cadfano, Winwaloe, Padam e Sansone. Alcuni storici affermano che arrivò in Galles verso l’anno 490, insieme a San Cadfano.
San Trinio è ricordato tra i santi invocati in un poema dedicato a Enrico VII.
San Trinio è il patrono di Llandrinio nel Montgomeryshire.
La sua festa viene celebrata il giorno 29 giugno.
(Autore: Mauro Bonato – Fronte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Trinio, pregate per noi.